Consiglio di Stato, Sez. II, Sent. 05.06.2025 n.4892
Ai sensi dell’art. 167 comma 4, “l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
La giurisprudenza ha espressamente affermato che il comma 4 dell’art. 167 d.lgs. n. 42 del 2004, costituisce norma eccezionale di stretta interpretazione, per cui l’interprete deve privilegiare la lettura più conforme al criterio di inestensibilità delle ipotesi di autorizzazione postuma con la conseguenza che, nei casi dubbi, l’interprete deve prediligere l’opzione che abbia per effetto quello di restringerne e non di ampliarne il campo di applicazione (Consiglio di Stato, sez. VII, 31 dicembre 2023, n. 11390; C.G.A. 22 gennaio 2025, n. 64).
In base all’art. 3 del D.P.R. 380 del 2001, la manutenzione straordinaria riguarda “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici”.
Rispetto alla qualificazione degli interventi oggetto della sanatoria, nel caso di specie, la viabilità realizzata ha modificato radicalmente l’originaria “capezzagna” e non può rientrare nella manutenzione straordinaria.
L’art. 3 comma 1 lettere e2) e e3) del testo unico dell’edilizia, nel testo vigente al momento di adozione dei provvedimenti impugnati, indica tra gli “interventi di nuova costruzione gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune ( e2); “la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato (e3)”. Né nel caso di specie l’intervento realizzato si può ritenere di natura pertinenziale, rilevante quale edilizia libera ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 380 del 2001, non sussistendo un’opera principale legittima rispetto al quale l’intervento possa dirsi accessorio, o può essere richiamata la previsione della lettera e ter) del detto art. 6, relativa alle “opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni”, trattandosi di un reticolo di strade.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è poi consolidata nel ritenere che la trasformazione in strada o in piazzale, con modifica tendenzialmente non reversibile dello stato dei luoghi, comporti una modifica del territorio e costituisca quindi nuova opera, per la quale occorre l’espresso titolo edilizio (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2019, n. 5128; Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 2018, n. 7103).
Si deve richiamare anche la sentenza della Corte costituzionale n. 90 del 2023, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale di una legge regionale della Sicilia, che consentiva la realizzazione di strade interpoderali con CILA, affermando espressamente che “la realizzazione di strade determina una trasformazione urbanistica del territorio non riconducibile a interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro o risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia quali sono quelli di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d), t.u. edilizia, sicché ai sensi della successiva lettera e) quello in esame (realizzazione di strade interpoderali) deve considerarsi intervento di nuova costruzione, in quanto tale subordinato a permesso di costruire”.
Ne deriva la correttezza della qualificazione compiuti negli atti impugnati, rispetto alla consistenza dell’intervento realizzato, prima con superfici sterrate, successivamente con la pavimentazione e la realizzazione di cordoli laterali, non riconducibile alla manutenzione straordinaria di una preesistente strada di campagna, essendo intervenuta la totale trasformazione dei luoghi.
Né si può ritenere, come sostenuto dal giudice di primo grado, che il termine manutenzione straordinaria sia adoperata dall’art. 167 in senso “atecnico”, trattandosi di un precisa qualificazione giuridica indicata nel Testo unico dell’edilizia e come tale richiamata dall’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, proprio al fine di escludere dalla sanatoria paesaggistica tutti gli altri interventi edilizi di cui all’art. 3 del D.P.R. 380 del 2001, come risulta confermato dal nuovo testo dell’art. 36 bis del Testo unico dell’edilizia, introdotto dal d.l. 29 maggio 2024, n. 69, conv. dalla L. 24 luglio 2024, n. 105, che ha aggiunto la sanatoria paesaggistica postuma in caso di parziali difformità dal titolo edilizio.
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Sul punto non può che richiamarsi la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio per cui l’accertamento di compatibilità dell’intervento col contesto paesaggistico è il frutto di un giudizio sulla coerenza dell’opera con il complesso degli elementi che compongono quel contesto e, rispetto al quale, il valore tutelato impone che essa non sia percepita come dissonante, con apprezzamento che si connota per la sua intrinseca opinabilità; sul piano motivazionale, affinché il diniego di compatibilità paesaggistica postuma o di sanatoria di opere realizzate in zone vincolate possa ritenersi sufficientemente motivato, è richiesta l’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della valutazione di incompatibilità dell’intervento con le esigenze di tutela paesistica, poste a base del relativo vincolo (Cons. Stato, Sez. II, 21 novembre 2023, n. 9981; Sez. II, 17 marzo 2021, n. 2296).
Nel caso di specie, quindi, non sono sindacabili le valutazioni discrezionali espresse dalle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza o travisamento dei fatti […].
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Del tutto estranee al sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica sono poi le argomentazioni del giudice di primo grado circa l’incertezza degli effetti del ripristino, essendo il ripristino per gli interventi abusivamente realizzati in zona vincolata espressamente previsto dalla legge sia dall’art. 167 comma 1 del d.gs. 42 del 2004 sia dall’art. 27 del D.P.R. 380 del 2001 […].
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