TAR per la Campania, Sez. VII, Sent. 11.06.2025 n.4406
In tesi, il superamento del termine perentorio di novanta giorni di cui all’art. 167, co. 5, del d.lgs. n. 42/2004, entro il quale la Soprintendenza avrebbe dovuto comunicare il proprio parere, avrebbe determinato la formazione del silenzio-assenso o, comunque, avrebbe reso il parere tardivamente trasmesso inefficace ai fini dell’adozione del provvedimento comunale di diniego.
Pertanto, il diniego all’autorizzazione paesaggistica del Comune di […] non avrebbe potuto porsi in contrasto col silenzio-assenso formatosi all’esito del superamento del suddetto termine perentorio o, in ogni caso, non avrebbe potuto essere motivato sulla base del mero rinvio al parere soprintendentizio tardivamente emanato.
In via preliminare, si deve rilevare che la violazione del termine di cui all’art. 167, co. 5, del d.lgs. n. 42/2004 non comporta la formazione del silenzio-assenso, in ragione dell’inapplicabilità ai procedimenti di compatibilità paesaggistica della disciplina generale prevista dall’art. 17-bis della l. n. 241/1990.
Infatti, gli istituti di semplificazione amministrativa basati sul silenzio assenso tra pubbliche amministrazione necessitano non solo di una condotta inerte dell’Amministrazione interpellata, ma anche della predisposizione e trasmissione da parte dell’Amministrazione procedente di uno “schema di provvedimento”.
Solo ove ricorrono tali condizioni, l’atto di assenso si intende acquisito per silentium e, per l’effetto, l’Amministrazione procedente è posta nelle condizioni di adottare il provvedimento conclusivo, comunque necessario per la definizione del procedimento.
In altri termini, il silenzio-assenso opera soltanto in relazione ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata, ossia “nei casi in cui l’atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria” (cfr. Cons. Stato, parere, 23 giugno 2016, n. 1640).
Il c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio ha introdotto una procedura co-decisoria tra due Amministrazioni, segnatamente la Soprintendenza, competente nel rendere un parere vincolante, e l’Amministrazione preposta alla tutela paesaggistica, chiamata ad assumere la decisione finale, che si realizza secondo modalità peculiari, che non presuppongono un simmetrico potere di ciascuna parte pubblica di influire sul contenuto della decisione finale.
Ai sensi dell’art. 167, co. 5, d.lgs. n. 42/2004, infatti, emerge che l’Autorità preposta alla gestione del vincolo non è tenuta ad elaborare uno schema di provvedimento da trasmettere alla Soprintendenza ai fini dell’espressione del relativo parere, sebbene un tale documento sia necessario per la formazione del silenzio assenso.
Peraltro, il parere della Soprintendenza è qualificato come vincolante, con la conseguenza che “a fronte del carattere vincolante del parere soprintendentizio ai sensi dell’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42 del 2004, non persiste […] margine alcuno di valutazione difforme in capo all’Amministrazione comunale” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 16 aprile 2018, n. 2245).
Dato il carattere vincolante del parere, la cogestione del vincolo si atteggia in maniera asimmetrica, spettando in via esclusiva alla Soprintendenza il potere sostanziale di valutare la compatibilità paesaggistica della costruzione realizzata in assenza di preventiva autorizzazione e all’Amministrazione preposta alla gestione del vincolo la competenza ad esternare, conformemente al parere, la relativa volontà provvedimentale attraverso l’adozione del provvedimento finale.
In altri termini, “non occorre un accordo tra plurime amministrazioni co-decidenti – di regola, preposta alla cura di interessi pubblici differenziati – in ordine ad uno schema di provvedimento predisposto dall’Amministrazione procedente (implicante, come osservato, il potere di ciascuna parte pubblica di influire sulla decisione di merito), costituente il presupposto di applicazione dall’art. 17 bis cit.; bensì l’Amministrazione interpellata (Soprintendenza) è chiamata ad assumere la decisione sostanziale sul contenuto del provvedimento finale da adottare (senza essere vincolata da un previo schema di provvedimento), mentre l’Amministrazione procedente (preposta alla gestione del vincolo) è tenuta a statuire in conformità” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 agosto 2022, n. 7293).
Tanto premesso, devono tenersi a mente le peculiarità del procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica in ordine alle conseguenze derivanti dall’inerzia della Soprintendenza.
Il legislatore qualifica espressamente il termine entro cui l’Amministrazione soprintendentizia deve esprimere il parere vincolante come “perentorio”.
Peraltro, dal principio di inesauribilità del potere amministrativo deriva che l’inosservanza di termini perentori non può comportare la decadenza dal potere provvedimentale, non tempestivamente esercitato.
Ciò non di meno, il superamento del termine di novanta giorni, di cui all’art. 167, co. 5, del d.lgs. n. 42/2004, rende il parere soprintendentizio tardivamente trasmesso inefficace, nel senso che viene meno la sua stretta vincolatività, con la conseguenza che l’Amministrazione procedente può determinarsi sul procedimento di compatibilità paesaggistica, non solo in assenza del parere, ma anche in senso difforme allo stesso, ove emanato tardivamente.
In altri termini, “deve ritenersi che l’inutile decorrenza del termine perentorio di novanta giorni ex art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/04 determini – anziché la formazione di un atto di assenso tacito, a conferma dell’inapplicabilità dell’art. 17 bis l. n. 241/90 – la decadenza dalla possibilità di vincolare l’amministrazione procedente nella decisione finale; il che, tuttavia, non impedirebbe all’organo statale di intervenire nel procedimento per fornire il proprio contributo partecipativo, ponendo in essere un atto non obbligatorio e non vincolante” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 novembre 2020, n. 7193).
Pertanto, in caso di espressione di un parere soprintendentizio tardivo, l’Amministrazione competente per il rilascio del provvedimento finale, valutando autonomamente tale contributo, al pari di quanto avviene per ogni elemento istruttorio, è tenuta, in ogni caso, a motivare in modo autonomo le ragioni per le quali l’intervento di trasformazione territoriale non sarebbe compatibile con i vincoli imposti dalle esigenze di tutela paesaggistica (ex multis: Cons. Stato, sez. VII, 4 gennaio 2023, n. 168; Cons. Stato, VI, 17 novembre 2022, n. 10109; 19 agosto 2022, n. 7293; 24 maggio 2022, n. 4098; 29 marzo 2021, n. 2640; 19 novembre 2020, nn. 7192 e 7193).
Per ulteriori informazioni o per richiedere una consulenza, si invita a contattare info@sentenzeappalti.it