Vincoli di tutela “indiretta”: finalità e qualificazione dell’attività discrezionale dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo.

Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 28.04.2025 n.3575

2.2. Ai sensi dell’art. 45 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, “il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”.

Le “prescrizioni di tutela indiretta” – previste dall’art. 45 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel quale è rifluita la fattispecie disciplinata dapprima all’art. 21 della legge n. 1089 del 1939 e poi all’art. 49 del decreto legislativo n. 490 del 1999 – hanno la funzione di completamento pertinenziale della visione e della fruizione dell’immobile principale (gravato da vincolo “diretto”).

L’aspetto caratterizzante l’istituto – definito anche vincolo di completamento – è il carattere di strumentalità o accessorietà delle relative prescrizioni rispetto alla tutela del bene culturale oggetto di protezione diretta; i beni oggetto di tutela indiretta vengono quindi asserviti ai beni culturali al fine di garantire a questi ultimi una “fascia di rispetto”, funzionale alla massima espressione del loro valore culturale.

Il legislatore individua le finalità che il vincolo indiretto deve perseguire (“evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”), mentre lascia non completamente tipizzate le varie prescrizioni (oltre alle “distanze” e alle “luci”, l’autorità può individuare “le altre norme”) che l’amministrazione può di volta in volta apporre al fine del perseguimento di detti obiettivi.

2.3. […] il Collegio osserva che il potere amministrativo di cui all’art. 45 cit. presenta profili di discrezionalità mista.

Va innanzitutto ricordato che, a mente dell’art. 1, comma 2, del Codice “la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura”.

Pertanto, nell’esercitare la facoltà, riconosciutagli dalla legge, di dettare prescrizioni di utilizzo dei beni sottoposti a vincolo indiretto, il Ministero deve contemperare, da un lato, le esigenze di cura e integrità e, dall’altro, la fruizione e la valorizzazione dinamica del bene culturale (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3669).

2.4. Altresì, non può escludersi che l’amministrazione tenga legittimamente in considerazione anche interessi ulteriori rispetto a quello culturale.

Come già evidenziato dalla Sezione (Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167), negli ordinamenti democratici e pluralisti si richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Così come per i ‘diritti’ (sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013), anche per gli ‘interessi’ di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi) va ribadito che a nessuno di essi la Carta garantisce una prevalenza assoluta sugli altri. La loro tutela deve essere “sistemica” e perseguita in un rapporto di integrazione reciproca.

Pertanto, nell’adozione del provvedimento ex art. 45 cit., l’amministrazione preposta alla cura dell’interesse culturale può essere chiamata a prendere in considerazione anche interessi diversi ed ulteriori rispetto a quello culturale (interessi che, secondo la dottrina tradizionale della discrezionalità amministrativa, si sarebbero definiti “secondari”). Tanto emerge dalla lettura della norma attributiva del potere che definisce con formule aperte gli obiettivi da perseguire (ad es. “l’integrità” del bene culturale, da intendersi sia in senso materiale che immateriale, le condizioni di “ambiente e decoro”) e lascia all’amministrazione la “facoltà” di individuare le prescrizioni (“le distanze, le misure e le altre norme”) dirette al raggiungimento di tali obiettivi.

Del resto, la giurisprudenza ha già evidenziato (Cons. St., n. 8167/2022 cit.) come lo scrutinio del provvedimento di vincolo indiretto debba condursi anche al lume del principio di proporzionalità, non solo con riguardo alle componenti della idoneità (id est raggiungimento dell’obiettivo prefissato) e della necessarietà (ravvisabile quando non sia disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma meno incidente nella sfera giuridica del destinatario), ma anche con riguardo al profilo della ‘proporzionalità in senso stretto’, che implica che una misura adottata dai pubblici poteri non debba mai essere tale da gravare in maniera eccessiva sul titolare dell’interesse contrapposto, così da risultargli un peso intollerabile.

Pertanto, l’individuazione delle prescrizioni di tutela ex art. 45 cit. implica, nei sensi esposti, anche profili di discrezionalità amministrativa oltre che tecnica, così come da tempo messo in evidenza da parte della dottrina.

Per ulteriori informazioni o per richiedere una consulenza, si invita a contattare info@sentenzeappalti.it