Vetrate panoramiche amovibili (VEPA): è necessario munirsi del titolo edilizio quando l’installazione è prevista in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

TAR per il Lazio, Sez. II Bis, Sent. 19.05.2025 n.9579

Il provvedimento ripristinatorio avversato ha ingiunto la demolizione dell’opera realizzata dalla ricorrente [vetrata panoramica sul balcone di pertinenza dell’appartamento n.d.r.] premettendo alla descrizione della medesima l’elencazione dei vincoli areali gravanti sull’immobile e consistenti in: 

– vincolo paesaggistico ex art. 136, comma 1, lett. c) e d), d.lgs. n. 42/2004, imposto con P.T.P.R. approvato con delibera di Giunta Regionale del Lazio n. 556/2007 e ss.mm.ii.; 

– vincolo di tutela ex lege ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. m) del d.lgs. n. 42/2004 a protezione di zone di interesse archeologico. 

Da ciò ne consegue che non può accedersi alla tesi sostenuta dalla ricorrente secondo cui l’elencazione dei vincoli di tutela paesaggistica ed archeologica gravanti sull’area ove sorge il manufatto di sua proprietà, interessato dall’intervento edilizio qualificato come compiuto in assenza di titolo da […], abbia costituito esclusivamente una mera ricognizione del contesto vincolistico dell’area. 

Piuttosto, essa costituisce, ad avviso del Collegio, il punto focale dell’apparato motivazionale del provvedimento avversato, il quale ha imposto l’ingiunzione al ripristino del bene in quanto l’intervento edilizio di cui si discorre – in disparte la sua ascrivibilità o meno al novero dell’attività edilizia libera – è stato operato in assenza alcuna di titolo in un’area sottoposta ad un duplice vincolo, paesaggistico ed archeologico. 

In proposito, infatti, non può neppure condividersi l’assunto, sostenuto da parte ricorrente, secondo cui l’art. 6, comma 1, lett. b-bis), del d.P.R. n. 380/2001 sarebbe formulato “in maniera neutra rispetto alla eventuale presenza di vincoli”. 

Al contrario la disposizione in parola, siccome inserita nel corpo dell’art. 6 del d.P.R. cit., condivide con il resto dell’articolo la premessa del medesimo, a tenore della quale gli interventi di cui all’elenco contenuto nella disposizione in parola (tra cui anche quelli enunciati dal comma 1, lett. b-bis), sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”. 

Ed allora, quand’anche l’intervento in questione dovesse ritenersi rientrante nel novero di quelli eseguibili in assenza di titolo abilitativo, nondimeno ciò non esimerebbe l’autore del medesimo dal rispettare le prescrizioni contenute nel d.lgs. n. 42/2004 e, a tal fine, dal munirsi di un titolo – quantunque minimale quale potrebbe essere anche la sola SCIA ex art. 22, d.P.R. n. 380/2001 – accompagnato, comunque, dall’assenso alla realizzazione dell’intervento da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo gravante sull’area

In proposito, infatti, il Collegio non intende deflettere dal prestare osservanza al consolidato orientamento pretorio secondo cui “a prescindere dall’ascrivibilità o meno della medesima al novero dell’attività edilizia libera, il rispetto dei summenzionati vincoli avrebbe imposto la presentazione di una comunicazione o segnalazione preventiva in difetto della quale non può certo invocarsi l’irrogazione della più lieve sanzione pecuniaria, dovendosi predicare la continuità del costante insegnamento pretorio secondo cui “L’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001 impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico. Infatti, per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l’esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio nella zona vincolata; ciò che rileva, ai fini dell’irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico che urbanistico” (così T.A.R. Lazio – Roma, sez. II-bis, n. 35 del 2.1.2024. In senso del tutto analogo, Cons. St., sez. VI, n. 4223 del 10.5.2024: “Infondato risulta essere anche il secondo motivo di appello con il quale si lamenta la violazione dell’art. 27, D.P.R. n. 380 del 2001. L’art. 27 del D.P.R. n. 380 del 2001, infatti, impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico. Per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l’esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio nella zona vincolata; ciò che rileva, ai fini dell’irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico che urbanistico. La sanzione demolitoria non ammette alcun tipo di deroga e opera d’ufficio, senza che l’amministrazione comunale debba ritenersi gravata di verificare l’eventuale possibilità di sanatoria delle opere in questione, tramite il coinvolgimento delle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi paesaggistico-ambientali”. In termini del tutto analoghi, vedasi anche: T.A.R. Sicilia – Palermo, sez. II, n. 293 del 4.2.2025; T.A.R. Campania – Napoli, sez. VII, n. 1303 del 17.2.2025; T.A.R. Campania – Salerno, sez. II, n. 2356 del 3.12.2024; T.A.R. Sicilia – Catania, sez. II, n. 1694 del 22.5.2023; Cons. St., sez. VII, n. 9557 del 6.11.2023). 

Pertanto, la mancata presentazione di un valido titolo edilizio, accompagnato dal conseguimento preventivo del relativo parere di compatibilità paesaggistica da parte della competente autorità tutoria, rappresenta ragione più che legittima per l’ingiunzione alla demolizione dell’opera, elemento motivazionale questo, peraltro, pienamente evincibile dal provvedimento impugnato che, non a caso, premette alla descrizione dell’opera proprio l’indicazione dei vincoli insistenti sull’area senza che, a tal riguardo, le considerazioni spese dall’amministrazione resistente nei propri scritti difensivi possano ritenersi avere valore di inammissibile integrazione postuma della motivazione, trattandosi di elementi univoci e sufficienti già presenti nel provvedimento avversato solo meglio esplicati negli atti processuali. 

Per ulteriori informazioni o per richiedere una consulenza, si invita a contattare info@sentenzeappalti.it