Quando la P.A. ha l’obbligo di provvedere in merito all’istanza di variante al P.R.G.?

TAR Marche – Ancona, Sez. I, Sent. 12.10.2023 n. 619

In vicenda riconducibile ad istanza di privato volta ad adeguamento del P.R.G. è stato statuito da questo Tribunale che “l’obbligo di provvedere in capo alla P.A. può essere affermato: a) o quando esiste una norma di legge che pone tale obbligo e non prevede fattispecie di silenzio-significativo; b) o quando è stata la stessa P.A. ad essersi vincolata ad adottare un provvedimento, d’ufficio o su istanza del privato; c) o, infine, quando esiste una oggettiva situazione di incertezza giuridica che richieda l’adozione di un atto amministrativo che, nei limiti del possibile, chiarisca i termini della vicenda” (T.A.R. Marche, sez. I, 14 novembre 2022, n. 682).

Parimenti, sempre in tema di obbligo di provvedere in merito all’istanza del privato inerente modifiche al P.R.G., è stato osservato che “esiste pertanto l’obbligo di provvedere, oltre che nei casi stabiliti dalla legge, in fattispecie ulteriori nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l’adozione di un provvedimento, estendendo le possibilità di protezione contro le inerzie della Amministrazione, pur in assenza di una norma “ad hoc” che imponga un dovere di provvedere (v. già Cons. Stato, Sez. IV, 14.12.04, n. 7975, secondo cui – escluse istanze palesemente abnorme dei privati – non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione, in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia; v. anche: Cons. Stato, Sez. V, 22.1.15, n. 273 e Sez. VI, 11.5.07, n. 2318). (….) tale obbligo l’Amministrazione non può sottrarsi anche quando l’istanza del privato riguardi l’esercizio del potere in materia di pianificazione urbanistica, posto che la giurisprudenza, condivisa dal Collegio, ritiene che sebbene l’ordinamento, a fronte di poteri ampiamente discrezionali, come quelli in materia di pianificazione urbanistica, non tuteli in modo diretto le aspettative dei singoli all’ottenimento di provvedimenti satisfattivi-ampliativi della loro sfera giuridica, tuttavia, attraverso l’art. 2 della legge n. 241/1990, garantisce un vero e proprio diritto alla conclusione del procedimento nei termini indicati dalla legge, tant’è che, in caso di violazione del termine a tal fine previsto, è consentito l’esperimento di un rimedio tipico, ora disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a., e prima già dall’art. 21 bis della legge n. 1034/1971, rappresentato dall’azione avverso il silenzio (Cons. Stato, Sez. IV, 8.4.2019, n. 2265)”, (T.A.R. Lazio, Latina, 1° luglio 2022, n. 599).

E’ stato sottolineato, altresì, che “la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione rispetto alla diffida volta ad ottenere l’emanazione degli atti necessari a conferire una nuova destinazione urbanistica ad aree divenute prive di disciplina a causa della decadenza di vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione, o che comportino l’inedificabilità del suolo, o che comunque privino il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico (T.A.R. Campania, Napoli, sez II, 9 gennaio 2017, n. 185).