Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 23.07.2024 n. 6635
Come già rilevato da questo Consiglio di Stato, con la più volte citata sentenza n. -OMISSIS-/2010 che definiva il contenzioso insorto con la Società costruttrice, «a ben vedere, la sentenza richiamata, se pur rileva nel senso di escludere la responsabilità personale degli imputati in ordine ai reati contestati e alle modalità di loro commissione, non può, invece, rilevare ai fini della individuazione, nella fattispecie, di una ipotesi di lottizzazione abusiva sulla scorta dell’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale della Cassazione secondo cui, come nel caso in esame, la stessa si configura per effetto del mutamento di destinazione d’uso di un complesso immobiliare la cui originaria destinazione assentita dalla P.A era quella di manufatti in zona artigianale con destinazione laboratorio- alloggio del custode(cfr. Cass. Pen., III sez., n. 42471/08). E’ noto che il reato di lottizzazione abusiva, secondo la definizione contenuta nella L. n. 47 del 1985, art. 18, trasfuso senza modificazioni nel DPR n. 380 del 2001, art. 30, può essere realizzato mediante attività materiale costituita dalla esecuzione di opere che determinano una trasformazione edilizia o urbanistica del territorio, in violazione degli strumenti urbanistici vigenti o adottati o comunque di leggi statali e regionali, ovvero il compimento di attività negoziale che, attraverso il frazionamento dei terreni, ne modifichi inequivocabilmente la destinazione d’uso a scopo edificatorio(Cass. Pen. N. 10889/05). Particolare rilevanza assume, quindi, la destinazione del territorio stabilita dagli strumenti urbanistici, in quanto la lottizzazione abusiva viene ad incidere direttamente sul potere di programmazione dell’uso del territorio da parte dell’ente locale o sull’assetto del territorio già stabilito. Al riguardo è stata identificata la lottizzazione abusiva nel caso in cui le singole unità abitative perdano la originaria destinazione d’uso per acquistare quella residenziale, posto che tale modifica si pone in contrasto con lo strumento urbanistico (Cass. Pen., III Sez., n. 6990 del 2006). La fattispecie corrisponde a quanto verificatosi nella fattispecie, ove, secondo quanto accertato in sede istruttoria e in sede di consulenza tecnica, manufatti originariamente assentiti a scopo artigianale sono stati trasformati in unità residenziali»
La posizione deve essere condivisa.
In sede penale, infatti, l’assoluzione si determinava in ragione della mancata prova dell’avvenuta edificazione in un’area non urbanizzata: posizione che presuppone la configurazione dell’illecito in questione nell’accezione di trasformazione del comparto ex novo mentre, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. n. 380/2001, in applicazione del quale è stata adottata l’ordinanza impugnata, «si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio».
Come in giurisprudenza è già stato rilevato, «la fattispecie lottizzatoria può consolidarsi innanzitutto nella veste di c.d. lottizzazione materiale o sostanziale, che si realizza attraverso l’avvio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica di terreni in zona non adeguatamente urbanizzata in violazione della disciplina a quest’ultima impartita dalla legislazione e dagli strumenti pianificatori. In particolare, come evidenziato da questo Consiglio, siffatti interventi devono risultare globalmente apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, di aggravio del relativo carico insediativo e, soprattutto, di pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all’amministrazione; devono, cioè, valutarsi alla luce della ratio del citato art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, il cui bene giuridico tutelato risiede nella necessità di salvaguardare detta potestà programmatoria, nonché la connessa funzione di controllo, posta a garanzia dell’ordinata pianificazione urbanistica, del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell’espansione abitativa in rapporto agli standards apprestabili» (Cons. Stato, Sez. II, 2 novembre 2020, n. 6759).
Nel caso di specie è pacifico, come già evidenziato, che la realizzazione di un quartiere residenziale veniva eseguita su area avente destinazione urbanistica incompatibile a nulla rilevando il grado di urbanizzazione del comparto circostante.