Il Consiglio di stato ribadisce le condizioni necessarie affinché un’opera possa essere qualificata “pergotenda”

Consiglio di Stato, Sez. II, Sent. 06.06.2023 n. 5567

Perché possa parlarsi di pergotenda, anche cd. bioclimatica, è necessario che l’opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili. Deve, quindi, trattasi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico (c.d. “pergotenda”), a condizione che:

– l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno;

– la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa;

– gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale” (Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472; sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2206; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4177; sez. VI, 25 dicembre 2017, n. 306; sez. VI, 27 aprile 2016. n. 1619). In altri termini, per aversi una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume (su tale punto, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3393; Cons. Stato, sez. II, 28 gennaio 2021 n. 840).