Edilizia “libera” ed opere precarie: la giurisprudenza chiarisce (nuovamente) i criteri per rilevare la temporaneità dei manufatti liberamente installabili.

TAR per il Lazio, Sez. II Quater, Sent. 02.10.2025 n.16975

[…] secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale dal quale non vi è ragioni di discostarsi, il carattere precario di un manufatto deve essere valutato secondo un criterio funzionale, avendo riguardo all’uso cui lo stesso è destinato “nel senso che, se le opere sono dirette al soddisfacimento di esigenze stabili e permanenti, deve escludersi la natura precaria dell’opera, a prescindere dai materiali utilizzati e dalla tecnica costruttiva applicata”, dovendo ricollegarsi la natura precaria di un manufatto alla “intrinseca destinazione materiale di esso ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione” (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2025, n. 2597 e precedenti ivi richiamati).

[…]

9. Né rileva nella presente sede processuale la circostanza che, per i manufatti di cui ai punti A) B) della gravata ordinanza (“gazebo” ad uso vendita/esposizione e tettoria in struttura metallica) sia stata presentata, a febbraio del 2024 e dunque solo a seguito dell’emissione dell’ordine di demolizione, un’istanza di permesso in sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001.

Invero, secondo un consolidato principio di diritto, la domanda di cui trattasi determina unicamente l’instaurazione di un procedimento amministrativo diverso (e meramente eventuale) rispetto all’ingiunzione demolitoria, che non inficia in alcun modo la legittimità e l’efficacia di quest’ultima, determinando soltanto una mera sospensione dei suoi effetti (e dunque uno stato di quiescenza), con la conseguenza che, in caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista integra la sua efficacia (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 2025, n. 536; id. 13 novembre 2024, n. 9110; Cons. Stato, Sez. VII, 28 aprile 2023, n. 4309).

[…]

10. Nemmeno risulta conferente il richiamo al principio di proporzionalità, lamentando la ricorrente che “l’Ente avrebbe dovuto considerare l’installazione del gazebo e della tettoria nella loro globalità all’interno del contesto urbanistico e non, come fatto, considerando atomisticamente gli interventi nel micro-contesto di riferimento e pervenendo in tal caso, attraverso un test di proporzionalità sugli interessi pubblici sottesi, a giudizio di assoluta irrilevanza delle trasformazioni operate” […], e dunque senza tener conto della loro “insussistente incidenza urbanistico-edilizia” […], con affermazione replicata anche in relazione alle altre opere contestate dall’amministrazione, anch’esse asseritamente “prive anche in astratto di capacità d’incidenza” urbanistico-edilizia […].

Come già argomentato, trattasi di strutture dotate di carattere durevole e non precario, che hanno comportato un’apprezzabile alterazione dello stato dei luoghi in area gravata da vincoli paesaggistico e sismico in assenza dei necessari titoli abilitativi, e di cui pertanto è stata legittimamente ingiunta la demolizione, nell’esercizio di un potere di natura doverosa e rigorosamente vincolata da cui è avulsa qualsiasi esigenza di bilanciamento con l’interesse privato.

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