Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 05.09.2025 n.7207
[…] il Collegio richiama anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a. e con valore di precedenti giurisprudenziale conformi, le seguenti sentenze che hanno perimetrato l’ambito di applicazione della norma ricavabile dall’art. 9, comma 1, num. 2, d.m. 2 aprile 1968 n. 1444.
Segnatamente, secondo la giurisprudenza maggioritaria, “la dizione “pareti finestrate” […] non potrebbe che riferirsi esclusivamente alle pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono finestre cosiddette lucifere” (Cass. civ., Sez. II, 20 dicembre 2016, n. 26383; cfr., più di recente, Cass. civ., Sez. II, Ord., 08 agosto 2025, n. 22907; Sez. II, 05 gennaio 2024, n. 359; Sez. II, ord., 1 dicembre 2021 n. 37829). Conseguentemente, secondo questo Consiglio, “la circostanza che trattasi […] di luci, e non anche di vedute, esclude l’applicazione della normativa sulle distanze dettata dall’art. 9 d.m. n. 1444/68 posto che, per condivisa giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, tale previsione normativa “… fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere, secondo l’univoco e costante insegnamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, unicamente “le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci” (cfr. Cass. Civ. Sez. II 6.11.2012 n. 19092; 30.04.2012 n. 6604; Cons. Stato Sez. IV 04.09.2013; 12.02.2013 n. 844)” (Cons. Stato, sez. III, 20 febbraio 2025 n. 1448; cfr., inoltre, Sez. IV, 15 ottobre 2024 n. 8272 e Cons. Stato, Sez. IV, 26 novembre 2015 n. 5365).
Ai fini della qualificazione dell’apertura come “veduta”, piuttosto che “luce”, è costantemente indicato quale criterio dirimente la circostanza che la medesima apertura consenta “non soltanto la “inspectio” ma anche la “prospectio”, la quale – ai sensi dell’art. 900 c.c., che non determina un comportamento tipico per l’atto di affacciarsi – consiste nella possibilità di vedere e guardare non solo di fronte, ma obliquamente e lateralmente sul fondo del vicino, in modo da consentirne una visione mobile e globale” (Cass. civ., Sez. II, Ord., 10 maggio 2022, n. 14730).
Nel logico sviluppo di queste premesse, si è poi affermato che anche una “porta” può essere qualificata come “veduta” ed essere sussunta, pertanto, nel novero delle “pareti finestrate”, con conseguente applicazione dell’art. 9 d.m. n. 1444/1968, quando consenta “la possibilità e dell’inspectio e della prospectio in alienum” (a contrario, da Cass. civ., n. 14730/2022 cit.; altresì, da Cass. civ., n. 359/2024, cit., relativa ad un “portone di accesso” ad un capannone che non consente l’esercizio “dell’inspectio et prospectio” sul fondo antistante; ma anche da Cass. civ., Sez. II, 06 marzo 2025, n. 5918, che richiamata Cass. civ., Sez. VI – 2, Ord., 13 agosto 2014 n. 17950 relativa ad una “porta-finestra” che “consenta la “inspectio” ma non la “prospectio”; v. altresì Cass. 14091/2019 e Cass. 1005/2004)”, mentre, la pronuncia soggiunge che la “porta-finestra che consenta lo sguardo frontale, lo sguardo obliquo e laterale sul fondo del vicino integra veduta”; infine, Cass. civ., Sez. II, 23 maggio 2019 n. 14091, che, in una vicenda che riguardava “la natura di porta o finestra dell’apertura esistente sulla parete dell’immobile della parte appellante”, ha ritenuto inconfigurabile la violazione dell’art. 9 d.m. n. 1444/1968, per le caratteristiche della porta che non consentiva la “prospectio”).
Il Collegio non ignora la sussistenza di un altro orientamento che accoglie una nozione più ampia di “parete finestrata” e, segnatamente, che “ai sensi dell’art. 9 del d.m. n. 1444/1968, per “pareti finestrate” devono intendersi non soltanto le pareti munite di “vedute” ma, più in generale, tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce).” (Cons. Stato, sez. VII, 17 luglio 2023 n. 7004; Sez. II, 30 marzo 2022 n. 2326; Sez. V, sentenza 11 settembre 2019, n. 6136).
Il Collegio ritiene tuttavia di condividere e dare continuità all’orientamento maggioritario, recentemente espresso dalla Sezione (Sez. IV, n. 8272/2024, cit.), anche in considerazione della circostanza che la sentenza n. 6136/2019 non contiene motivazioni né cita giurisprudenza a sostegno della sua interpretazione dell’art. 9 d.m. n. 1444/1968; la sentenza n. 2326/2022 enuncia il medesimo principio richiamando quale precedente a sostengo la pronuncia n. 6136/2019 e ad abundantiam rispetto alla ratio decidendi già enunciata al paragrafo precedente; la sentenza n. 7004/2023 pone a sostegno di tale interpretazione alcuni precedenti che però, oltre ad essere numericamente esigui, sono anche più risalenti nel tempo rispetto a quelli indicati a fondamento dell’odierna decisione.
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