TAR per la Lombardia, Sez. II, Sent. 23.07.2025 n.2757
[…] secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha motivo per discostarsi, la segnalazione certificata di inizio attività non è una vera e propria istanza di parte per l’avvio di un procedimento amministrativo, bensì una dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge. Il denunciante la SCIA, infatti, è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto ed immediato nella legge che non ha bisogno di alcun consenso della pubblica amministrazione. Ne consegue che la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell’amministrazione; e, in assenza di procedimento, non c’è spazio né per la comunicazione di avvio né per il preavviso di rigetto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1111; id. sez. VI , 26 ottobre 2022, n. 9125; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 25 novembre 2024, n. 1673; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 6 maggio 2024, n. 2942; T.A.R. Lazio Roma, sez. II , 22 gennaio 2024 , n. 1190).
[…]
L’art. 10 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 120 del 2020 ha modificato il terzo e il quarto periodo dell’art. 3, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilendo che <<nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche […]. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza>>.
Come si vede questa norma ha specificato che rientrano nell’ambito concettuale della ristrutturazione edilizia anche quegli interventi che comportano la realizzazione di un edificio diverso, rispetto a quello demolito, per sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
In realtà anche la legislazione previgente dava della ristrutturazione una definizione molto ampia posto che l’art. 3, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001, nella formulazione antecedente alla novella del 2020, poneva quale unico limite, per poter considerare un intervento di demolizione e ricostruzione alla stregua di un intervento di ristrutturazione edilizia, quello del rispetto della precedente volumetria: in tal senso disponeva il terzo periodo della citata lett. d), derogato, per gli interventi su immobili soggetti a vincoli paesaggistici, dall’ultimo periodo che, per questo specifico caso, imponeva anche il rispetto della sagoma.
Ciò precisato va ora osservato che, secondo un orientamento giurisprudenziale formatosi prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 786 del 2020, sebbene nelle ipotesi di demolizione e ricostruzione non sia necessario il rispetto del vincolo della sagoma, si fuoriesce dall’ambito della ristrutturazione edilizia e si rientra in quello della nuova costruzione quando fra il precedente edificio e quello da realizzare al suo posto non vi sia alcuna continuità, producendo il nuovo intervento un rinnovo del carico urbanistico che non presenta più alcuna correlazione con l’edificazione precedente (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 giugno 2021, n. 4791; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 18 maggio 2020, n. 841).
Questo orientamento è stato confermato dalla Cassazione penale anche a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 10 del d.l. n. 76 del 2020. Afferma invero la Corte di Cassazione che << la conferma della ontologica necessità che l’intervento di ristrutturazione edilizia, pur con le ampie concessioni legislative in termini di diversità tra la struttura originaria e quella frutto di “ristrutturazione”, non possa prescindere dal conservare traccia dell’immobile preesistente, è fornita dallo stesso art. 10 sopra già citato, integrativo dell’art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380 del 2001, laddove si premette che le novelle introdotte rispondono “al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo>> (Cassazione penale, sez. III, 6 novembre 2022, n. 1670).
A questa giurisprudenza si è di recente adeguata la Sezione (si veda in tal senso T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 7 agosto 2024, n. 2353).
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