Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 30.04.2024 n. 3931
Passando all’esame del primo motivo del ricorso in appello, concernente il capo di sentenza che ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di annullamento degli atti impugnati, per difetto di interesse, il Collegio ritiene che le conclusioni del giudice di primo grado debbano essere confermate.
Per pacifica giurisprudenza, in materia di impugnazione di titoli edilizi, ai fini della legittimatio ad causam non è sufficiente il criterio della vicinitas, dovendo esso essere corroborato dalla prova del danno che la parte ricorrente assume derivi dagli atti impugnati.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 9 dicembre 2021 n. 22), chiamata a pronunciarsi sulla sufficienza del criterio della vicinitas per l’impugnazione dei titoli edilizi, ha formulato i seguenti principi di diritto:
a) Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;
b) L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
c) L’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante.
Tanto premesso, non può essere condivisa la tesi della parte appellante, secondo la quale “la vicinitas assorba in sé anche il profilo dell’interesse…. richiedendo la prova in concreto di un danno patrimoniale effettivo, da un lato si addossa al ricorrente un onere probatorio che spesso può rivelarsi “diabolico”, dall’altro si confonde la prova in concreto del danno, che consente l’azione risarcitoria, con la prospettazione che sorregge la condizione dell’azione” (pag. 12 dell’atto di appello).
Come evidenziato dalla Adunanza Plenaria, ai fini della domanda di annullamento dei titoli edilizi, debbono ricorrere contestualmente, quali condizioni dell’azione, sia la legittimazione ad agire, che l’interesse a ricorrere.
Se il criterio della vicinitas rileva quale elemento di individuazione della legittimazione ad agire, in quanto consente di individuare il titolare di una posizione giuridica soggettiva qualificata e differenziata, con esso deve concorrere, ai fini della ammissibilità della domanda, l’interesse ad agire, inteso quale pregiudizio diretto, concreto e attuale derivante dalla adozione dei titoli edilizi contestati.
Questa Sezione ha avuto modo di precisare che, una volta affermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, costituente elemento fisico-spaziale quale stabile collegamento tra un determinato soggetto e il territorio o l’area sul quale sono destinati a prodursi gli effetti dell’atto contestato, valga da solo e in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 5916/2022).
Anche in termini solamente eventuali o potenziali l’interesse postula che il pregiudizio arrecato dal provvedimento gravato sia effettivo, nel senso che dall’esecuzione dello stesso deve discendere in via immediata e personale un danno certo alla sfera giuridica del ricorrente, ovvero potenziale, nel senso, però, che la lesione si verificherà in futuro con un elevato grado di certezza (Consiglio di Stato, sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3947).