TAR per la Campania, Sez. V, Sent. 07.04.2025 n.2861
Riguardo, poi, alla percorribilità della Via postuma di cui all’art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006, valgano le seguenti considerazioni.
Tale previsione attribuisce all’amministrazione procedente il potere di valutare – secondo canoni di discrezionalità tecnico-scientifica applicati, nel caso concreto, ai possibili rischi di natura sanitaria, ambientale o per il patrimonio culturale – la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l’adozione di un provvedimento di assenso esplicito alla prosecuzione dei lavori o delle attività in corso nei casi in cui, tra l’altro, sia mancata la Via.
Riprendendo la distinzione formulata dal Ministero della Transizione ecologica in risposta a un interpello ambientale (nota del 4.4.2022, n. 43387), può distinguersi in materia tra una Via postuma “patologica” e “fisiologica”.
La prima riguarda i casi di realizzazione di un progetto senza la previa valutazione ambientale, pur essendo questa prescritta dalla legge applicabile ratione temporis.
La seconda attiene, viceversa, ai casi in cui il progetto è stato realizzato nella vigenza di un contesto normativo che non imponeva lo svolgimento di valutazioni ambientali, e pertanto è stato realizzato in piena e totale legittimità ma si pone il problema della applicabilità della disciplina e di applicabilità della Via, ad esempio, in caso di modifica dell’opera o di rinnovo del relativo titolo autorizzativo.
Nella presente controversia, viene in considerazione la prima fattispecie della Via postuma c.d. “patologica”.
In tal caso il comma in esame prevede che l’autorità competente “può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale”. In tale ipotesi la valutazione dovrà essere del tutto indifferente all’avvenuta realizzazione dell’opera considerando anche un possibile esito negativo: in altri termini, il fatto che il progetto sia già stato realizzato non deve incidere in modo determinante sulla nuova valutazione (Corte di giustizia UE, 26 luglio 2017, C-196/16 e C-197/16).
Con note n. 95104 del 29.7.2022 e n. 162302 del 22.12.2012 il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ha poi elencato alcuni criteri che le autorità dovrebbero seguire per valutare la possibilità di disporre la prosecuzione delle attività o dei lavori in pendenza del procedimento di Via ex post.
Per quanto rileva nel presente giudizio, si è ritenuto necessario che: I) vi siano lavori e/o attività già in essere “poiché dal tenore letterale della norma appare consentita la ‘prosecuzione’, non ‘l’avvio’, dei lavori o dell’attività”; II) il proponente acquisisca “i permessi pareri, nulla osta e/o autorizzazioni” necessari “secondo la normativa/e di settore generali e specifiche per tipologia di intervento” (cfr., in argomento, anche T.A.R. Sardegna, n. 239/2024).
Con riguardo al criterio sub I), l’art. 29, comma 3, prevede quindi la possibilità di consentire la prosecuzione, non l’inizio di nuove attività.
Ed invero, la tesi contraria collide esplicitamente col tenore letterale dell’art. 29 comma 3 del codice dell’ambiente che menziona espressamente la “prosecuzione” (“può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale”) e tale termine deve intendersi riferito allo stato di fatto in cui si trova il progetto, permettendo di portare a conclusione una fase già avviata, realizzando il bilanciamento di interessi rispetto a quella parte dell’intervento che ha già determinato una modifica sull’ambiente.
La norma è infatti chiara nel riferirsi alla “prosecuzione dei lavori o delle attività” e, come è noto, essa assume natura eccezionale nell’ordinamento e deve, perciò, essere interpretata restrittivamente e secondo il rigoroso senso delle parole ivi contenute.
Sul piano semantico, tale interpretazione appare confermata dall’utilizzo della congiunzione disgiuntiva “o” tra i concetti di lavori e attività, da riguardarsi perciò autonomamente. Ciò perché, a ben vedere, l’istituto della prosecuzione dei lavori o dell’attività in corso del procedimento di Via postuma assume natura doppiamente eccezionale: in primo luogo infatti, è già eccezionale la possibilità di ottenere la valutazione di impatto ambientale di un progetto successivamente all’avvio della realizzazione del progetto stesso, poiché tale valutazione è, invece, fisiologicamente propedeutica a tale avvio, configurandosi come una ulteriore ipotesi di eccezione al sistema quella per cui, in corso di ottenimento della Via postuma, sia consentito al richiedente di proseguire nello svolgimento dei lavori o delle attività già intraprese.
Nessun bilanciamento è invece possibile su attività e lavori non ancora avviati, dato che in questo caso deve prevalere il principio di precauzione e, del resto, anche l’interesse economico dell’imprenditore non verrebbe adeguatamente tutelato se si consentisse l’avvio di nuove linee di intervento che, in ipotesi, potrebbero essere interrotte in caso di esito negativo della valutazione ex post.
Quanto al criterio sub II), la prosecuzione dei lavori e delle attività di cui al citato art. 29 comma 3 afferisce a lavori e/o attività conseguenti e correlati unicamente alla fase di valutazione ambientale e non anche alla fase autorizzatoria che appartiene alla competenza di diverse amministrazioni ed investe svariati ambiti disciplinari.
Proprio in ragione di ciò, il disposto contenuto nell’art. 29 comma 3 non assegna all’amministrazione ambientale alcun potere di sostituzione delle autorizzazioni necessarie per realizzare e/o porre in esercizio un’opera o un’attività di competenza di altre amministrazioni.
Ne consegue che, in caso di caducazione di titoli abilitativi in sede giurisdizionale o di ritiro in autotutela da parte di altre amministrazioni, tale aspetto è ostativo al rilascio di una Via postuma, e risulta quindi inibita la prosecuzione dell’attività.
Orbene, nella fattispecie in esame non sussistono i criteri sub I) e II) poiché, per un verso, l’impianto di frantumazione alluminio per il quale si invoca la Via postuma risulta realizzato quasi del tutto, ma è pacificamente ed incontestabilmente inattivo per stessa ammissione di parte ricorrente, quindi non è predicabile alcuna “prosecuzione di attività” richiesta dalla norma.
Sotto distinto profilo, la Via postuma non potrebbe superare la carenza dei titoli abilitativi previsti per la installazione dell’impianto di frantumazione di alluminio, posto che la Scia dell’1.2.2023 presentata dalla società ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 380/2001, riferita all’impianto in questione, ha costituito oggetto di annullamento ex art. 29, comma 1, del codice dell’ambiente ad opera del Comune […] con ordinanza di demolizione […], allo stato non caducata ma solo sospesa in via cautelare.
Ne consegue che, per le ragioni ostative di cui sopra, non risultava percorribile il rilascio della Via ex post.
Non è neppure praticabile il rimedio previsto dall’art. 21 decies della L. n. 241/1990, norma introdotta dall’art. 12, primo comma, lett. 1 bis) del D.L. n. 76/2020, convertito dalla L. n. 120/2020.
Ai sensi della citata previsione, “In caso di annullamento di un provvedimento finale in virtù di una sentenza passata in giudicato, derivante da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, il proponente può richiedere all’amministrazione procedente e, in caso di progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale, all’autorità competente ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l’attivazione di un procedimento semplificato, ai fini della riadozione degli atti annullati. Qualora non si rendano necessarie modifiche al progetto e fermi restando tutti gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddetto procedimento, l’amministrazione o l’ente che abbia adottato l’atto ritenuto viziato si esprime provvedendo alle integrazioni necessarie per superare i rilievi indicati dalla sentenza”.
La disposizione in esame consente all’amministrazione, dopo l’annullamento giurisdizionale passato in giudicato di un proprio provvedimento, in conseguenza di vizi inerenti ad uno a più atti emessi nel corso di un procedimento nel caso di un procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, di intervenire adottando nuovamente gli atti dai quali è derivata l’illegittimità del provvedimento finale, con la salvezza di tutto quanto altrimenti effettuato nel procedimento e cioè attraverso la riadozione dell’atto annullato, cioè che consente di evitare la rinnovazione integrale del procedimento medesimo.
Si tratta, dunque, di procedimento di convalida, sia pure a posteriori rispetto all’annullamento, che si giustifica con la idoneità del provvedimento finale a soddisfare un pubblico interesse, idoneità che non viene meno per il fatto che si siano riscontrati dei vizi invalidanti nel corso del procedimento, a condizione che vengano confermate le valutazioni discrezionali favorevoli sottese al provvedimento conclusivo.
Secondo la prospettazione di parte ricorrente (che richiama, sul punto, la sentenza di questo T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. III, n. 3496/2021), la riemissione del provvedimento è da ritenere possibile non solo in caso di annullamento giurisdizionale, ma anche qualora il provvedimento conclusivo sia stato rimosso dalla stessa amministrazione in sede di autotutela, venendo in rilievo, in entrambe le ipotesi, l’esigenza di dare attuazione ai principi di semplificazione e di economia procedimentale; tale sarebbe il caso in esame in cui, con ordinanza n. 19/2023, il Comune ha proceduto all’annullamento della Scia ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dell’ambiente per inesistenza della Via (“I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge”).
La tesi di parte ricorrente non ha pregio.
Sotto un primo profilo, appare dubbia la qualificazione della Scia in sanatoria ex art. 37 del D.P.R. 380/2001 come provvedimento, il cui annullamento in sede giurisdizionale (o, come ritiene il ricorrente, anche in autotutela da parte dell’amministrazione) consentirebbe l’applicazione del meccanismo di semplificazione disciplinato dall’art. 21 decies. Viceversa, trattasi di una dichiarazione del privato che, secondo la giurisprudenza maggioritaria (T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. VIII, n. 5422/2024; T.a.r. per la Sicilia, Catania, n. 3145/2024; Cons. Stato, n. 1708/2023), richiede un provvedimento espresso dell’amministrazione procedente – pena la sussistenza di un’ipotesi di silenzio inadempimento – con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento.
Inoltre, il presupposto applicativo del procedimento delineato dall’art. 21 decies è costituito dall’appartenenza dell’atto endoprocedimentale viziato e dal provvedimento conclusivo alla medesima fattispecie procedimentale, tant’è che la previsione fa esplicito riferimento al “provvedimento finale” e ad “atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale”.
Viceversa, nel caso in esame, l’atto di autotutela della Scia e la Via pretermessa non afferiscono al medesimo procedimento e, inoltre, sono imputabili a diverse amministrazioni […], pur essendo collegati in quanto le opere segnalate dal privato costituiscono anche l’oggetto della valutazione di compatibilità ambientale.
Di contro, il vizio che la ricorrente vorrebbe sanare riguarda la valutazione di impatto ambientale nell’ambito del procedimento di rilascio del Paur ex art. 27 bis del Codice dell’ambiente che, come contestato dall’amministrazione, non si è concluso con un provvedimento conclusivo caducato.
Si aggiunga che, anche a voler accreditare la percorribilità del rimedio, l’attivazione del procedimento semplificato previsto dall’art. 21 decies ai fini della riadozione degli atti annullati presuppone, in via generale, la possibilità di emendare i vizi che hanno inficiato l’atto endoprocedimentale caducato; occorre quindi verificare se sia possibile effettuare ex post la valutazione di compatibilità ambientale (la cui omissione ha determinato l’annullamento della Scia ad opera dell’ente locale). Tuttavia, per quanto sopra detto, a tale rinnovazione valutativa ostano la infedele rappresentazione dello stato dei luoghi modificato per effetto della realizzazione dell’impianto prima del rilascio dell’atto autorizzativo e la non percorribilità, per le ragioni illustrate, della Via ex post ai sensi dell’art. 29, comma 3, del codice dell’ambiente.
Si tratta, in conclusione, di un vizio ineliminabile e non superabile che preclude la possibilità di procedere alla convalida descritta dal citato articolo.
Per ulteriori informazioni o per richiedere una consulenza, si invita a contattare info@sentenzeappalti.it