Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 04.08.2025 n.6891
[…] va evidenziato che l’art. 19, comma 4, l. n. 241 del 1990 dispone che “Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6 bis, l’amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21-nonies”.
Nel caso di specie, è pacificamente spirato il termine di cui al comma 3 che, trattandosi di S.c.i.a. in materia edilizia, è di trenta giorni ai sensi del comma 6 bis.
Ne consegue che il Comune avrebbe potuto comunque adottare i provvedimenti di cui al comma 3 (provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa) ma nel rispetto del termine ragionevole e, comunque, non superiore a dodici mesi dal momento del decorso del citato termine in caso di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.
8.2. Il comma 2 bis dell’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990 dispone, inoltre, che i “provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1”.
Tale norma è stata interpretata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato nel senso che nelle ipotesi di annullamento d’ufficio di un permesso di costruire (o come nel caso di specie di una S.c.i.a.), il superamento del limite temporale di 12 mesi è ammissibile nei casi in cui il soggetto privato abbia rappresentato uno stato preesistente — anche mediante il solo silenzio su circostanze rilevanti — diverso da quello reale. Nell’esercizio del potere di autotutela, infatti, non può non assumere rilievo l’effettivo contributo dato dal beneficiario del provvedimento favorevole al suo (illegittimo) rilascio, sia se risulti accertato nella sede penale sia se emerga dagli atti acquisiti al procedimento di autotutela (cfr., Consiglio di Stato sez. II, 3 gennaio 2025, n. 29).
8.3. Il limite temporale dei 12 mesi per l’esercizio dell’annullamento d’ufficio trova applicazione se il comportamento del privato, durante il procedimento di formazione dell’atto di primo grado, non abbia indotto l’Amministrazione in errore, “distorcendo la realtà fattuale oppure determinando una non veritiera percezione della realtà o della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge”. In caso contrario, ovvero quando l’Amministrazione si sia erroneamente determinata a rilasciare il provvedimento, a causa anche del comportamento del privato, non trova applicazione il limite temporale di cui al comma 1 dell’art. 21 nonies l. n. 241/1990, non potendo l’ordinamento tollerare “lo sviamento del pubblico interesse imputabile alla prospettazione della parte interessata” (cfr., Cons. Stato, Sez. II, 22 novembre 2021 n. 7817; Sez. IV, 17 maggio 2019 n. 3192).
Ne consegue, dunque, che il superamento del termine di 12 mesi per l’adozione del provvedimento di annullamento d’ufficio è ammissibile, a prescindere dall’accertamento penale di natura processuale, quando il soggetto abbia rappresentato all’Amministrazione uno stato preesistente diverso da quello reale o abbia omesso di prospettare delle circostanze rilevanti.
9. Anche la Corte costituzionale, con sentenza del 26 giugno 2025, n. 88, ha precisato che l’eccezione prevista dal comma 2 bis dell’art. 21 nonies è interpretata dal giudice amministrativo nel senso che il termine finale non opera tutte le volte in cui si riscontri che il contrasto tra la fattispecie rappresentata e la fattispecie reale sia rimproverabile all’interessato, tanto se determinato da dichiarazioni false o mendaci la cui difformità, se frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante, dovrà scontare l’accertamento definitivo in sede penale, quanto se determinato da una falsa rappresentazione della realtà di fatto, accertata inequivocabilmente dall’amministrazione con i propri mezzi (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenze 7 maggio 2025, n. 3876 e 14 agosto 2024, n. 7134; sezione sesta, sentenza 27 febbraio 2024, n. 1926). Anche in tale caso, infatti, l’erroneità dei presupposti per il rilascio del provvedimento amministrativo non è imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’amministrazione, ma esclusivamente alla parte che ha fornito una falsa descrizione della realtà fattuale, oggettivamente verificabile e non opinabile.
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