Abusi edilizi “sopravvenuti” (art. 38 TUE): chiarimenti in merito all’ambito applicativo della norma ed ai criteri di calcolo della fiscalizzazione.

TAR per la Lombardia, Sez. II, Sent. 15.04.2025 n.1364

[…] va anzitutto ricordato che l’art. 38 d.P.R. n. 380/2001 concerne il regime sanzionatorio degli “abusi edilizi sopravvenuti”, ossia quelli conseguenti alla realizzazione di interventi eseguiti sulla base di titolo edilizio annullato successivamente alla realizzazione edilizia.

Il primo comma dell’anzidetta norma stabilisce che «In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite».

3.2.2. Con tale disposizione il legislatore ha contemperato, da un lato, l’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive (divenute comunque tali a seguito dell’annullamento del titolo edilizio) con l’interesse del privato che ha realizzato l’opera in buona fede, confidando nella validità del titolo edilizio successivamente annullato. In base a questa norma, infatti, l’amministrazione, prima di comminare qualsiasi sanzione, deve valutare la possibilità di emendare i vizi che hanno condotto all’annullamento.

3.2.3. L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 17 del 7 settembre 2020, ha chiarito che i vizi emendabili sono solo quelli di carattere formale/procedimentale e non anche quelli aventi carattere sostanziale, che determinano il contrasto dell’opera con la normativa urbanistico-edilizia vigente.

La stessa sentenza ha altresì chiarito che, nel caso in cui il vizio formale non sia emendabile, dovrà essere data prevalenza all’interesse pubblico alla rimozione dell’opera della quale, quindi, dovrà essere senz’altro ordinata la demolizione, salva l’ipotesi in cui questa non possa intervenire per ragioni tecniche (esclusa quindi ogni possibilità di valutazione discrezionale/ di opportunità); solo in questa ipotesi potrà dunque applicarsi la sanzione pecuniaria.

3.2.4. Oltre alla possibilità di rimozione del vizio e di applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria (per le particolari ipotesi sopra illustrate), il trattamento di favore riservato al privato in buona fede per il caso di titolo edilizio annullato si concretizza anche nella misura della sanzione pecuniaria prevista, più mite rispetto a quella stabilita per le altre ipotesi di abuso: in caso di annullamento del titolo edilizio la sanzione pecuniaria è infatti correlata al valore delle opere eseguite e non al doppio dell’aumento di valore dell’intero immobile (come per il caso di ristrutturazione eseguita senza titolo) o del costo di produzione (come nel caso di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire).

3.2.5. In questo quadro, va tenuto presente che l’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 ha natura eccezionale: il più mite trattamento sanzionatorio introdotto è infatti diretto a sanzionare esclusivamente la specifica condotta consistente nella realizzazione di un’opera del tutto conforme a un titolo edilizio annullato. Solo in questo caso si versa in quella situazione di buona fede che giustifica l’applicazione di misure sanzionatorie più favorevoli (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 6 marzo 2025, n. 22).

3.2.6. Al contrario, quando l’opera realizzata si discosta […] in tutto o in parte dal titolo edilizio annullato, non vi è una situazione di buona fede da tutelare e non vi sarebbe quindi ragione per applicare la norma di favore contenuta nell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001.

[…]

[…] la ratio dell’art. 38 d.P.R. n. 380/2001 […] è quella di sanzionare in maniera più mite il privato che abbia fatto affidamento sulla validità di un titolo successivamente annullato, consentendogli di pagare il quantum corrispondente al vantaggio ottenuto per il tramite di una realizzazione edilizia in astratto non ammessa ma in concreto basata su un titolo esistente (e poi annullato) (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 6 marzo 2025, n. 22).

[…]

[…] l’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che venga irrogata una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere eseguite.

La norma è chiara nel rapportare la sanzione al valore delle opere e non all’aumento di valore conseguente alla loro realizzazione. Si deve pertanto ritenere che, anche in caso di interventi di ristrutturazione edilizia con recupero della superficie lorda di pavimento (Slp) esistente, la misura della sanzione debba essere calcolata facendo riferimento al valore finale complessivo delle opere senza scomputare il valore che le stesse avevano prima dell’effettuazione dell’intervento.

[…]

[…] va osservato che l’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 non precisa se il valore delle opere debba essere determinato con riferimento all’attualità o al momento di realizzazione delle stesse.

In proposito, il Collegio ritiene condivisibile l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai suddetti fini, occorra tener conto del valore all’attualità (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 7 marzo 2017, n. 331). Ciò in base al generale principio tempus regit actum; inoltre, va considerato che gli incrementi di valore delle opere, dal momento di realizzazione al momento in cui viene applicata la sanzione, incidono in maniera bidirezionale sul proprietario delle stesse e dunque, rapportare la sanzione al valore attuale delle opere costituisce misura che consente di incidere sul debitore in maniera sempre proporzionata al valore del suo patrimonio, e costituisce perciò misura più efficace ed equilibrata indipendentemente dalla durata del procedimento e dalle ragioni che l’hanno determinata.

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